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Lanciata l’operazione Odyssey Dawn, bombardamenti sulla Libia

Riferimento | Analisi | Medio Oriente e Africa |


Le forze “democratiche” occidentali hanno dato inizio all’operazione Alba d’Odissea con un attacco delle forze militari fornite dalla “coalizione dei volenterosi” contro la Libia di Gheddafi, prevalentemente incentrato sulla distruzione delle difese aeree libiche (DEAD – destruction of enemy air defenses) come prassi per l’applicazione della No-Fly Zone, autorizzata dalla risoluzione 1973 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. L’attacco ha preso di mira anche centri di comando e controllo, basi aeree, reti di comunicazione nei dintorni della capitale Tripoli e sulla costa mediterranea.

William Gortney, portavoce del Dipartimento alla Difesa americano, ha affermato che all’operazione partecipano, oltre gli Stati Uniti, a vario grado di coinvolgimento anche Italia, Francia, Gran Bretagna, Canada e alcuni paesi della Lega Araba (gli alleati USA Bahrain, Giordania, Egitto, Arabia Saudita ed Emirati Arabi). L’operazione è gestita dal Generale americano Carter Ham, a capo dello US Africa Command basato a Stoccarda, in Germania.

Benchè formalmente l’obiettivo della coalizione militare sia quello di prevenire ulteriori attacchi da parte delle forze libiche sui rivoltosi, è chiara la volontà di degradare il potere di Muammar Gheddafi come misura preventiva al “regime change”, con tutte le implicazioni strategiche e geopolitiche del caso.

Mentre sorgono i primi attriti tra Francia e USA per presunti raid non concordati relativi al primo attacco francese di ieri, l’Ammiraglio americano Mike Mullen ha annunciato che la zona di non sorvolo è ufficialmente già operativa.

La prima operazione ha visto protagonisti ieri i caccia multi-ruolo Rafale dell’Armée de l’Air partiti dalla Francia e rimasti in zona d’operazioni, con l’ausilio di rifornimenti in volo, per il tempo necessario all’acquisizione degli obiettivi (forze di terra nell’area di Bengasi) e la loro distruzione, attività cominciata alle 17:45 circa. L’operazione, denominata Harmattan, è partita ufficialmente alle ore 13:30 e ha coinvolto 8 Rafale, 2 Mirage 2000-5, 2 Mirage 2000-D, 6 tanker KC-135 e una piattaforma AWACS E3F. Hanno partecipato anche le due fregate Jean Bart e Forbin.

Dal mare è partito l’attacco anglo-americano condotto per mezzo di missili Tomahawk lanciati sia da un sottomarino inglese classe Trafalgar che dalle unità di superficie e sommerse americane (la sesta flotta è schierata con a comando la nave Mount Whitney, presenti anche i sottomarini classe Los Angeles USS Newport News, Providence, Scranton e lo SSGN Florida, classe Ohio, mentre nessuna portaerei è al momento disponibile in zona). Il cacciatorpediniere USS Barry, classe Burke (DDG 52), è stato tra le prime piattaforme assiemo allo USS Stout (DDG-55) a far partire i circa 110 missili da crociera contro i circa 20 siti anti-aerei libici, aiutato anche dai Tornado GR4 della Royal Air Force, arrivati in volo dalla base inglese di Marham, che hanno rilasciato un imprecisato numero di missili Storm Shadow. I caccia della RAF hanno quindi compiuto un’operazione di bombardamento percorrendo 3.000 km fra andata e ritorno, il che ne fa la missione d’attacco a maggiore distanza compiuta dalla guerra delle Falkland-Malvinas. A supporto sono stati schierati un rifornitore VC-10 e un TriStar, così come un AWACS E3D Sentry e il velivolo da sorveglianza Sentinel R1. In zona anche le fregate HMS Westminster e HMS Cumberland. Sei F-16 danesi sono giunti invece alla base aerea di Sigonella, in cui giungeranno anche sei F-16 norvegesi, mentre forze aeree greche sono a disposizione con base a Creta.

Resta da valutare in quale misura siano stati coinvolti gli Eurofighter Typhoon della RAF, al loro primo intervento in teatro, che saranno utilizzati anche per il mantenimento della zona di non sorvolo, così come le piattaforme da guerra elettronica e i droni per intelligence, sorveglianza e ricognizione Global Hawk. Sembra ormai certo l’impiego di 3 bombardieri B-2 che hanno colpito con 4 decine di JDAM una base aerea libica. Intanto 4 F-18 spagnoli, assieme ad un aereo da rifornimento 707 ed uno da sorveglianza marittima CN-235 sono arrivati alla base di Decimomannu in Sardegna, accompagnati dalla fregata F-100 Méndez Núñez e dal sottomarino S-74 Tramontana.

Per quanto riguarda il coinvolgimento italiano, essenzialmente di supporto informativo (grazie alla costellazione COSMO-SkyMed) e logistico attraverso le 7 basi di Aviano (dove oltre i 40 F-16 di stanza sono arrivati a varie riprese F-15, F-18, C-130, C-17), Decimomannu, Trapani, Pantelleria, Sigonella, Gioia del Colle e Amendola, esso prevede la portaerei leggera Garibaldi, al largo delle coste libiche con i suoi AV-8B Harrier II Plus, assieme al cacciatorpediniere Andrea Doria, il rifornitore Etna che comanda il gruppo navale, il pattugliatore Libra e la fregata Euro, assieme ad assetti per ricerca e soccorso (SAR). Così come il Canada, al momento il nostro paese non ha preso parte ufficialmente agli attacchi, anche se pronto a fornire dalla base di Trapani Birgi, dove sono schierati anche gli aerei CF-18 canadesi, i Tornado IDS ed ECR armati di missili anti-radar HARM quali piattaforme d’attacco (alcuni di questi potrebbero aver partecipato a missioni SEAD sotto il controllo del comando di coalizione), e caccia F-16 ed Eurofighter per il mantenimento della no-fly zone.

I libici, sprovvisti di una vera Marina, prima dell’attacco potevano contare su un mix obsoleto di aerei ancora operativi composto da Mig 21 e Mig 23, Su-22 e Su-24, Mirage F-1 ed elicotteri Mi-24. La difesa antiaerea era costituita da batterie di missili SA-2/3/6 e SA-5 ed un numero imprecisato di Manpads distribuiti alle forze a terra.

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